Pagine

mercoledì 9 maggio 2012

L’ora di resistere


Quando l’8 settembre del 1943 Badoglio parlava via radio agli italiani annunciando la firma dell’armistizio con gli alleati, qualcosa scattò nel cuore dei tanti italiani e italiane che fino a quel momento erano stati privati di qualsiasi libertà. L’annuncio fu subito preso con gioia, perché la guerra per noi italiani era terminata, ma è stato proprio l’attimo successivo all’euforia dell’annuncio che ha fatto realizzare a quelle persone, che ora toccava a loro, che ora arrivava il momento più difficile; era necessario cacciare, respingere e sconfiggere, quel potere nero, era necessario mandare via ciò che rimaneva del nazi-fascismo.
Così nacque la Resistenza, così nacque il Partigiano.
L’8 settembre quindi, tutta la penisola fu scossa da un sobbalzo, si risvegliò, si alzò dalle macerie di una guerra crudele e decise che in quel momento doveva rinascere un’Italia, diversa da quella di prima, dove poteri autoritari e leggi infamanti non dovevano più essere all’ordine del giorno, ma si pensava ad un’Italia democratica come   quella pensata da Mazzini e Garibaldi, e dai grandi eroi repubblicani del Risorgimento.
La storia degli anni successivi la conosciamo tutti, il cuore, l’anima che quelle persone misero nel liberare l’Italia dall’invasione nazista fu senza limiti. L’ardire, il coraggio, il lottare ogni giorno, e ogni giorno rischiare la propria pelle per volere un Paese libero e democratico fa di quegli uomini e donne degli esseri veramente speciali.
L’idea che poi si è fatta della festa del 25 aprile e del valore dei Partigiani e della Resistenza in questi ultimi anni, è il preconcetto che la ricorrenza della Liberazione dal nazi-fascismo, sia un qualcosa da festeggiare solo da un colore politico; smantellare questo schema è dovere di tutti noi cittadini, poiché il nostro Paese fu liberato da tutti coloro che aborrirono il fascismo e la sua dittatura, senza distinzione politica. Il loro unico intento e obiettivo era restituire alle proprie famiglie, ai propri figli e ai propri posteri uno stato libero dove vivere in serenità, in un clima semplice di confronto, dove potesse esserci una vera discussione politica; dove organi come il parlamento riprendessero la loro vitale e importante funzione; dove una vera carta Costituzionale potesse difendere i diritti e affermare i doveri dei cittadini.
Per questo il 25 aprile dovrebbe essere la festa di un’unità nazionale, poiché si festeggia la democrazia, si festeggia la libertà, si festeggia il ricordo di quelle persone e infine si festeggia l’Italia tutta intera.

Toccante e commovente è stata la manifestazione, organizzata dall’amministrazione, in onore dei caduti svoltasi in piazza Amedeo di Savoia Aosta. Tutte le associazioni Combattentistiche d’Arma e di Volontariato presenti hanno celebrato il ricordo della fine della seconda guerra mondiale e della guerra di Liberazione. La manifestazione è stata centrata al ricordo storico e alla testimonianza di due uomini che hanno vissuto il dramma della guerra in prima persona, come pure in prima linea: Attilio Mancini e Arturo Cirilli, superstiti dei campi di concentramento. I due superstiti hanno voluto condividere la loro storia, facendo leggere dei passi dei loro libri in cui è raccontata per filo e per segno la loro esperienza che oltre suscitare un amaro ricordo in loro, ha toccato veramente tanto, tutti coloro che hanno partecipato alla cerimonia.
Ci auguriamo infine, come Giovani Democratici, che questa celebrazione del 25 aprile non rimanga un unicum, ma che sia la prima di una serie di cerimonie e commemorazioni che sono doverose in una città piena di senso civico, per non dimenticare ciò che ha segnato la nostra storia e per avere sempre a mente quegli eroici uomini che hanno liberato la nostra Italia.

“Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.”

Piero Calamandrei

Cianfoni Luca, GD Cisterna

“Dove vien meno l'interesse, vien meno anche la memoria.”


“Dove vien meno l'interesse, vien meno anche la memoria.”   W. Goethe

Credo che proprio queste possano essere le parole giuste per descrivere ciò che il 24 aprile scorso è successo nella nostra città, in occasione della ricorrenza del 25 aprile, festa della Liberazione.
Nella Sala della Loggia, a Palazzo Caetani, si è svolto il primo incontro dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) proprio per non perdere l’interesse, e quindi la memoria, nei confronti di quelle persone che con animo fervente e con voce, più volte rotta dalla commozione e dal ricordo, hanno ricordato i tragici anni del ventennio fascista e dell’orrore della 2° Guerra Mondiale.
Questo primo appuntamento ha avuto come obiettivo, l’inizio di un percorso che a breve porterà alla costituzione di un vero e proprio circolo cittadino, come quello già presente a Latina e in tutte le più importanti città italiane.
Lo scopo dell’ANPI è quello di non perdere la preziosa testimonianza e memoria di quei cittadini che fin dall’alba del fascismo si son professati contro quella feroce dittatura e il suo ideale, compiendo atti dimostrativi forti che avrebbero potuto costargli la prigione, o nel peggiore dei casi, in tempo di guerra, anche la condanna a morte.
L’associazione vuole continuare a professare il sentimento anti-fascista che dovrebbe esser forte e  presente in ognuno di noi, dopo l’orrendo ventennio a cui ci ha sottoposto; mira infine a preservare la libertà e il senso civico che nel nostro Paese sono cardine e base della nostra Democrazia.
La pluralità di movimenti e di ideali che rappresentarono l’associazione alla consulta nazionale del 1947, dimostra come quest’ultima non sia rappresentante di una sola parte politica, ma raggruppi e faccia convergere dentro di sé tutte quelle forze politiche e culturali antifasciste che condividono un'ideale di rispetto delle istituzioni democratiche e di tutela della legalità.  
È proprio questo che nel nuovo millennio l’ANPI si propone di fare, di preservare e tutelare il valore supremo della Costituzione, figlia della guerra di Resistenza e Liberazione portata avanti dai nostri padri partigiani, e madre di tutti i nostri diritti, doveri e libertà che dovrebbero esser legge morale dentro di noi; è il dover difendere a spada tratta tutte le Istituzioni, svilite in questi ultimi vent’anni da una gestione politica personalistica e assoggettata al solo interesse individuale.
Tutto ciò, il 24 aprile, è stato portato a Cisterna.
L’incontro avvenuto è stato per tutti quelli che hanno partecipato una vera e propria scoperta di personaggi cittadini e un vero viaggio nel tempo in quel periodo storico. Le testimonianze di Romeo Murri, Renato Campoli, Italo Di Luzio, Bruno Fieramonti sono state toccanti e profonde, e la loro voce più volte rotta dal cordoglio e dai ricordi aspri. Le loro parole hanno aperto dibattiti, confronti che sono il segno più bello della nostra democrazia, tra giovani e meno giovani; infine è intervenuto anche il presidente dell’ANPI di Latina Sergio Zaccagnino, portando la sua forte testimonianza di anni di militanza a nella provincia pontina e dando un taglio storico-attuale a tutta la conferenza.
 Si è parlato di Costituzione e di come essa non debba essere vista come un ostacolo, ma come un modello morale da seguire per divenire esempi civici, anche nel nostro piccolo; e infine si è riflettuto su quanto sia importante per i giovani di oggi il valore della memoria, del non dimenticare ciò che è accaduto poco più di 70 anni fa, affinché un forte sentimento civico e politico democratico possa essere la base dei ragazzi di oggi, perché non si dia fiato a quei movimenti autoritari o di anti-politica che nascono quotidianamente intorno a noi, e che rappresentano il degrado e lo svilimento della cosa pubblica frutto degli ultimi venti anni. 

Cianfoni Luca, GD Cisterna 

domenica 6 maggio 2012

Il lavoro è umano solo se libero

                                                           Cisterna, 1 maggio 1945                                        


"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente
in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità
di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni
del Congresso di Parigi".
20 luglio 1889, Parigi. Congresso della Seconda Internazionale.
  
 Venne così scelta una data simbolica:  il 1 maggio. Giorno in cui, tre anni prima un corpo di polizia aveva represso nel sangue una manifestazione di operai a Chicago.
La disorganizzazione del movimento dei lavoratori, dovuta a l'assenza di un centro di coordinamento, era alla base delle tensioni sociali e delle paure borghesi che si stavano diffondendo e che erano alimentate dalla stampa conservatrice.
Ma dall'altra parte, quella progressista, rivolgendosi ai lavoratori, ribadiva l'importanza di tale incontro sottolinendone il carattere internazionale e proletario.
 Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertarono gli apparati repressivi.
In Italia,  Francesco Crispi con il suo pugno di ferro, vietò qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori,
si decise infatti di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.
 Per tale motivo la riuscita del 1 maggio 1890 costituì una felice sorpresa
  avendo dato vita ad una mobilitazione su scala nazionale ed internazionale.
A dare vigore all'azione concertata dei socialisti di tutto il mondo, fu la condanna a morte di quattro operai, uno dei quali, Albert R. Parsons, stretto dalla morsa del cappio riusci a stento a pronunciare le sue ultime parole: "Lasciate che si senta la voce del popolo!"  
Anche il nostro territorio fu protagonista di quast'ondata socialista:      
1 maggio 1884: centocinquanta pastori cisternesi scioperarono contro gli  on. Ferri, Mazzoleni e Gualdi. Chiesero   un aumento salariale da 10 a 15 lire mensili per l'inverno e 12.5 lire per l'estate, più sette soldi al giorno per il pane invece che cinque. La richiesta venne accordata.
E' quindi evidente che il mondo dei lavoratori stava acquisendo una certa autonomia, un'autonomia che non poteva e non può essere seppellita sotto gli anni, ma che anzi deve essere rivendicata in ogni momento.

 Le parole strozzate di Parsons riecheggiano ogni anno, nello stesso giorno, con una ricorrenza che non lascia spazio a fanatismi politici.  Le lacrime delle morti bianche, con l'unica colpa di aver pagato con la vita un pezzo di pane, e i felici pensieri per le conquiste: dalle otto ore alla promulgazione della 626, si fondono delineando la storia più drammatica e decorosa dei combattenti del lavoro.
Ma il primo maggio è molto più che la Festa dei lavoratori. Il primo maggio è l'emblema delle lotte sociali contro l'oppressione e a favore di un mondo vivibile, è la difesa del più debole e dello sfruttato da un sistema che prevarica senza pietà e senza diritto, è il momento in cui riprendono vita le grida dei popoli in rivolta, la fratellanza proletaria, l'urlo di disperazione di chi non riesce a riprendersi la propria libertà perchè è da solo a combattere per essa.
Sarà forse la magia di questo mese, maggio. Per chi volle lottare e combattere per sè e per gli altri questo è sempre stato il mese "prediletto"; non a caso le rose rosse, simbolo del socialismo, fioriscono proprio in questo periodo. La rivoluzione francese è scoppiata il 5 maggio 1789; il 6 del 1429 Giovanna d'Arco sconfiggeva le truppe inglesi ad Orlèans dando ai francesi una speranza; il 17 maggio, dal 1990, divenne la giornata mondiale contro l'omofobia; 1 maggio 1968,  l'ingegnere bolognese Giorgio Rosa dichiara l'indipendenza dell' Isola delle Rose...

La lista potebbe protrarsi per pagine, ma non è opportuno chiudersi nel passato senza considerare il presente, altrimenti tutto perde senso.
Infatti, ad oggi, mentre l'Occidente ingrassa senza mai essere sazio, lo sfruttamento ( 250 milioni di bambini tra i 7 e i 15 anni lavorano più di dieci ore al giorno in ogni settore)  dilaga sotto la protezione del consumismo e si nasconde dietro quella scatola che ci ostiniamo a chiamare "mezzo d'informazione". 
E' ovvio che causa di tutto questo è il sistema capitalistico che ha fatto delle multinazionali il proprio canale d'azione. 
Il 1 maggio è e deve essere un monito a valutare il mondo da una prospettiva più ampia ed a convincersi che senza solidarietà sociale ed internazionale viene meno il  valore più grande: la dignità umana.  
Per concludere lascio la parola a Fabrizio De Andrè:
 http://www.youtube.com/watch?v=LVyM8i5mUAM



                                                                                                  Sirocchi Andrea, GD Cisterna